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57° Concilio sui Diritti umani: intervista alla Presidente del comitato tecnico per lo sviluppo economico, Rossana RodàUTA Nigeria redefines #3

Giornalista:
Tra pochi giorni si aprirà la sessione a Ginevra per il 57° concilio sui diritti umani. Da anni, Lei si occupa di tematiche internazionali legate ai diritti umani. È stata la prima donna europea a rappresentare i Paesi arabi e, nel 2018, ha aperto il primo centro di formazione professionale in collaborazione con il Governo tunisino. Ha ricevuto tre premi internazionali e numerosi riconoscimenti. Qual è il segreto di questo successo? Forse un tocco di magia?
Rodà: (ride)
Grazie per le gentili parole. Non è stato semplice, ma ho lavorato duramente per guadagnarmi il rispetto e la reputazione di serietà che oggi mi accompagnano. Essere donna, poi, ha reso tutto più difficile, soprattutto in un mondo prevalentemente maschile.

Giornalista:
Lei è anche una donna molto affascinante. Quanto conta la femminilità nel suo ruolo?
Rodà:
La femminilità viene dopo. Ciò che desidero è essere riconosciuta per le mie capacità professionali.

Giornalista:
È vero che sua figlia, per il tema del diploma sull’emancipazione femminile, ha scritto di Lei?
Rodà:
Sì, è vero. Gli esaminatori, dopo aver letto il tema, hanno voluto conoscermi di persona. Mia figlia ha parlato di me con stima e orgoglio, il che mi ha profondamente emozionata.

Giornalista:
Com’è la sua vita personale? So che preferisce non parlarne spesso…
Rodà:
La mia vita è dedicata ai miei figli, che seguo con grande amore, e alla mia “bambina pelosa” (ride). Inoltre, mi impegno molto nel mio lavoro per mantenere la mia indipendenza e per poter condividere i miei successi, sia professionali che economici, con gli altri.

Giornalista:
Quanto è difficile mantenere questo equilibrio?
Rodà:
È difficile quantificarlo, ma ci sono sicuramente sfide da affrontare ogni giorno.

Giornalista:
Parliamo del concilio. Quale sarà il tema di apertura?
Rodà:
Il tema sarà “L’importanza della cooperazione internazionale per lo sviluppo dei Paesi del Mediterraneo”. Insisterò molto sull’importanza di investire in questi Paesi, non solo per contrastare i flussi migratori, ma anche per creare sinergie economiche e formare il personale locale. Questo è il motivo per cui, nel 2018, ho aperto un centro di formazione a Tunisi. Oggi, molti giovani lavorano per aziende europee direttamente sul posto.

Giornalista:
Lei ha accennato al problema dei flussi migratori. Qual è la sua opinione?
Rodà:
Il problema dei flussi migratori non riguarda solo i numeri o la sicurezza, ma anche la sanità. Questi flussi incontrollati portano con sé malattie che in Occidente erano ormai superate, come HIV e infezioni da herpes, che colpiscono soprattutto i giovani. Inoltre, esiste la questione della resistenza agli antibiotici, un problema globale sottolineato da molte società di ricerca. Se non lavoriamo sulla prevenzione, ci ritroveremo con costi sanitari enormi e con sfide che potrebbero diventare ingestibili per il nostro Paese.

Giornalista:
Non tutti i migranti provengono dall’Africa. Ci sono anche persone che fuggono dai Paesi in guerra.
Rodà:
Certamente. Stiamo assistendo a un aumento degli ingressi nel nostro Paese da zone di conflitto, il che rende necessario un controllo rigoroso per evitare criminalità e sfruttamento. Inoltre, dobbiamo considerare le differenze culturali, alimentari e abitudinali. Non possiamo aspettarci un’integrazione rapida senza un supporto adeguato.

Giornalista:
Quindi si parla di sicurezza sanitaria e non solo?
Rodà:
Esattamente. Abbiamo visto un aumento di baby gang e fenomeni di violenza tra giovani migranti frustrati e rifiutati dalla società. Anche le donne, spesso destinate a lavori di assistenza, finiscono vittime della prostituzione. Lottiamo per i diritti e l’uguaglianza di genere, ma i fatti ci dimostrano che c’è ancora molta strada da fare.

Giornalista:
Cosa pensa della candidatura di Kamala Harris come possibile Presidente degli Stati Uniti?
Rodà:
Qui vediamo una contraddizione sociale: da un lato, donne al potere che si battono per l’emancipazione, ma che spesso sacrificano la loro vita personale. Dall’altro lato, donne che, senza una posizione sociale o economica, diventano vittime di violenza e sfruttamento. Questa dualità riflette bene le sfide che dobbiamo ancora affrontare.

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